I Chicago gruppo rock statunitense, formatosi nel 1967, sono una poderosa jazz-pop band, sette elementi padroni e virtuosi alfieri del proprio strumento, un'autentica “macchina da guerra” che ha prodotto nella golden era dei primi anni “70 i più bei dischi della nuova rock-fusion sull'onda dei Blood Sweet & Tears. Tre fiati su di una chitarra alla Hendrix, la voce del bianco Terry Kath che “più nera non si può” e i ritmi devastanti di Danny Seraphine non si erano mai visti e sentiti fino allora ed eccoli esordire con la sfida del doppio LP già dalla prima uscita discografica.
Chicago Transit Authority del 1969 (170 settimane nella classifica americana dei primi 100) è la consacrazione di una band coagulatasi nei campus anche sulle spinte delle aggregazioni e delle ribellioni studentesche nate proprio nella città dell'Illinois.
E' il tastierista Robert Lamm a tenere le redini della band, comporre e cantare buona parte dei brani anche se la stupenda cavalcata di Introduction è completo appannaggio di Kath e della sua orgogliosa voce “black”. La seguente Does Anybody Really Know What Time It Is? con Lamm al piano e voce solista si sfiora il capolavoro di costruzione sonora, grande jazz-song, grande tromba di Loughnane e cori perfetti; già consegnata alla storia. Ma è la seguente Beginnings sempre di Lamm che segnerà a fuoco il marchio dei Chicago: la sua voce calda accompagna i sinuosi fiati, la perfetta batteria e percussioni latine sostengono e accompagnano il basso di Cetera, tromba, trombone e sax si alternano agli assolo, i cori sottolineano la bellezza del brano. Question 67 and 68 è uno di quei brani epici sostenuti dalla limpidissima voce di Peter Cetera che conoscerà giustamente un successo personale per via di questa sua caratteristica vocalità; veramente un gioiello. Listen, il più corto dei brani, poco più di 3 minuti contro i 5/8 minuti degli altri è un'altra cavalcata di ottoni con il caratteristico basso arrembante. Poem 58 di Robert Lamm chiude quella che fu la seconda facciata dell'LP interamente dedicata al tastierista sia come composizioni che come voce solista e dove la chitarra distorta conduce la corsa per gli oltre otto minuti del brano.
Free Form Guitar che apre la terza facciata, dà libero sfogo all'immaginazione sonora del chitarrista Terry Kath con improvvisazioni sulla sei corde, rombi, gemiti, effetti larsen, scale ascendenti e discendenti sulla tastiera della sua Fender. Torniamo alla canzone pura con South California Purples, rock-blues di organo e basso con inserito un divertito omaggio ai Beatles di Walrus, anticipa il pezzo forte dell'album, I'm A Man, il brano di Steve Winwood composto a diciassette anni per i suoi Spencer Davis Group che qui riacquista una nuova sensazionale vita con percussioni trascinanti, la chitarra wah-wah, l'Hammond stratosferico e le tre voci (Lamm, Cetera, Kath) che si alternano alle strofe dando al brano una dimensione di unicità eterna. Per i posteri anche l'assolo di batteria Slingerland dell'italo-americano Danny. Quarta facciata e rumori di disordini studenteschi introducono Someday e la lunghissima Liberation quasi 15 minuti, brani live registrati nell'agosto del 1968 durante le assemble universitarie che certificano la bravura e la coesione della band anche dal vivo.
In seguito la locale compagnia di bus e metrò, appunto la CTA-Chicago Transit Auhority, unica proprietaria del moniker si arrabiò (BAH!) per l'utilizzo del proprio marchio e furono costretti ad abbreviare il nome della band semplicemente in Chicago.
L'intero lavoro è stato rimasterizzato nel 2002, completato con i minuti originali mancanti e le quattro facciate portate in unico cd che ci riconsegna intatta la perfezione del suono e l'affiatamento di questa band basilare per tutto il jazz-rock, il pop-funky, il pop-jazzy e la fusion che dilagherà negli anni “80 e “90.
Tracce:
Side 1
1.Introduction
2.Does anybody really know what time it is?
3.Beginnings
Side 2
4.Questions 67 and 68
5.Listen
6.Poem 58
Side 3
7.Free form guitar
8.South California purples
9.I'm a man
Side 4
10.Prologue, August 29, 1968
11.Someday (August 29, 1968)
12.Liberation
Formazione:
Peter Cetera - basso, voce, agogô
Terry Kath - chitarre, voce
Robert Lamm - piano, organo, tastiere, voce, maracas
Lee Loughnane - tromba, legnetti
James Pankow - trombone, campanaccio
Walter Parazaider - legni, tamburello basco
Danny Seraphine - batteria, percussioni
Verso la fine del '66, Signe Toly Anderson, che purtroppo ci ha lasciato il 28 Gennaio 2016, essendo in stato interessante, decide di abbandonare i Jefferson Airplane per dedicarsi al prossimo nascituro e alla famiglia. La band si trova improvvisamente sull'orlo dello scioglimento e decide di accogliere nelle sue fila la cantante/compositrice e strumentista Grace Slick, conosciuta durante gli innumerevoli concerti di quell'anno. Grace Slick, dotata di una bellissima e potente voce e di una ottima vena compositiva, era la front-woman della band acido-psichedelica The Great Society, uno dei primi gruppi che miscelava gli stili del rock-garage americano con influenze orientali. Nello stesso periodo c'é un'altra defezione, Skip Spence se ne va per formare i Moby Grape, dopo la parentesi come batterista alla corte dei Jefferson Airplane, ritornando al suo vero strumento, la chitarra, il suo posto viene preso da Spencer Dryden, nasce così la formazione dei Jefferson Airplane che arriverà al successo. Grace Slick porta con se dai Great Society due sue composizioni che a livello locale avevano avuto un certo successo e che, riveduti e corretti, diventeranno due tra i brani trainanti di Surrealistic Pillow (RCA 1967). I due brani di Grace: Sombody to love e White rabbit, sono tra i brani che danno il via alla lunga estate californiana, la "summer of love" del popolo hippie, che ha il suo epicentro a San Francisco. White rabbit in particolare diviene il manifesto di un movimento che partendo dalle strade della zona di Haight Ashbury, si espanderà in breve tempo a livello mondiale.
La musica dei Jefferson Airplane, sotto la spinta di Grace, si espande, diviene più complessa, assume toni furiosi, il basso di Cassady si fa tuonante, la chitarra di Kaukonen si fa lacerante ed eccheggiante di distorsioni, i ritmi divengono spezzati per lievitare poi in imperiosi crescendi, si affinano le parti vocali (prima improntati al folk rock), che via via assumono quella particolarità, che diverrà il loro marchio di fabbrica, il particolare intreccio tra Grace, Balin e Kantner, con la voce a turno, di chi fa da background, sempre leggermente ritardata rispetto alle altre due. Surrealistic pillow sarà il primo disco uscito dalla Bay Area a divenire disco d'oro, i testi, ermetici, ma sempre più improntati alla protesta nei confronti del sistema e della american way of life, faranno diventare i Jefferson Airplane la punta di diamante del movement, che minerà dalle fondamenta la società americana.
Il disco contiene, oltre ai due capolavori vocali di Slick, le prime caleidoscopiche sonorita` allucinogene, soprattutto nelle irruenze corali di She Has Funny Cars e 3/5 Of A Mile In Ten Seconds. Plastic Fantastic Lover poi e` l'incubo incalzante di un minstrel moderno a ritmo ossessivo con contrappunti lisergici di basso e chitarra. Al lato tenero e dolce del folk-rock si concedono il tenue e crepuscolare melodismo di Today e Coming Back To Me (Balin), la distesa ballata country di Dryden My Best Friend e l'assolo cibernetico e spirituale di Kaukonen Embryonic Journey.
Tracce:
01. She Has Funny Cars
02. Somebody To Love
03. My Best Friend
04. Today
05. Comin’ Back To Me
06. 3/5 Of A Mile In 10 Seconds
07. D.C.B.A.-25
08. How Do You Feel
09. Embryonic Journey
10. White Rabbit
11. Plastic Fantastic Lover
Formazione:
Marty Balin – Voce, chitarra
Jorma Kaukonen – Chitarra solista, ritmica, voce
Grace Slick – Voce, pianoforte, organo, flauto dolce
Paul Kantner – Chitarra ritmica, voce
Jack Casady – Basso, fuzz bass
Spencer Dryden – Batteria, percussioni
I Chicago gruppo rock statunitense, formatosi nel 1967, sono una poderosa jazz-pop band, sette elementi padroni e virtuosi alfieri del proprio strumento, un'autentica “macchina da guerra” che ha prodotto nella golden era dei primi anni “70 i più bei dischi della nuova rock-fusion sull'onda dei Blood Sweet & Tears. Tre fiati su di una chitarra alla Hendrix, la voce del bianco Terry Kath che “più nera non si può” e i ritmi devastanti di Danny Seraphine non si erano mai visti e sentiti fino allora ed eccoli esordire con la sfida del doppio LP già dalla prima uscita discografica.
Chicago Transit Authority del 1969 (170 settimane nella classifica americana dei primi 100) è la consacrazione di una band coagulatasi nei campus anche sulle spinte delle aggregazioni e delle ribellioni studentesche nate proprio nella città dell'Illinois.
E' il tastierista Robert Lamm a tenere le redini della band, comporre e cantare buona parte dei brani anche se la stupenda cavalcata di Introduction è completo appannaggio di Kath e della sua orgogliosa voce “black”. La seguente Does Anybody Really Know What Time It Is? con Lamm al piano e voce solista si sfiora il capolavoro di costruzione sonora, grande jazz-song, grande tromba di Loughnane e cori perfetti; già consegnata alla storia. Ma è la seguente Beginnings sempre di Lamm che segnerà a fuoco il marchio dei Chicago: la sua voce calda accompagna i sinuosi fiati, la perfetta batteria e percussioni latine sostengono e accompagnano il basso di Cetera, tromba, trombone e sax si alternano agli assolo, i cori sottolineano la bellezza del brano. Question 67 and 68 è uno di quei brani epici sostenuti dalla limpidissima voce di Peter Cetera che conoscerà giustamente un successo personale per via di questa sua caratteristica vocalità; veramente un gioiello. Listen, il più corto dei brani, poco più di 3 minuti contro i 5/8 minuti degli altri è un'altra cavalcata di ottoni con il caratteristico basso arrembante. Poem 58 di Robert Lamm chiude quella che fu la seconda facciata dell'LP interamente dedicata al tastierista sia come composizioni che come voce solista e dove la chitarra distorta conduce la corsa per gli oltre otto minuti del brano.
Free Form Guitar che apre la terza facciata, dà libero sfogo all'immaginazione sonora del chitarrista Terry Kath con improvvisazioni sulla sei corde, rombi, gemiti, effetti larsen, scale ascendenti e discendenti sulla tastiera della sua Fender. Torniamo alla canzone pura con South California Purples, rock-blues di organo e basso con inserito un divertito omaggio ai Beatles di Walrus, anticipa il pezzo forte dell'album, I'm A Man, il brano di Steve Winwood composto a diciassette anni per i suoi Spencer Davis Group che qui riacquista una nuova sensazionale vita con percussioni trascinanti, la chitarra wah-wah, l'Hammond stratosferico e le tre voci (Lamm, Cetera, Kath) che si alternano alle strofe dando al brano una dimensione di unicità eterna. Per i posteri anche l'assolo di batteria Slingerland dell'italo-americano Danny. Quarta facciata e rumori di disordini studenteschi introducono Someday e la lunghissima Liberation quasi 15 minuti, brani live registrati nell'agosto del 1968 durante le assemble universitarie che certificano la bravura e la coesione della band anche dal vivo.
In seguito la locale compagnia di bus e metrò, appunto la CTA-Chicago Transit Auhority, unica proprietaria del moniker si arrabiò (BAH!) per l'utilizzo del proprio marchio e furono costretti ad abbreviare il nome della band semplicemente in Chicago.
L'intero lavoro è stato rimasterizzato nel 2002, completato con i minuti originali mancanti e le quattro facciate portate in unico cd che ci riconsegna intatta la perfezione del suono e l'affiatamento di questa band basilare per tutto il jazz-rock, il pop-funky, il pop-jazzy e la fusion che dilagherà negli anni “80 e “90.
Tracce:
Side 1
1.Introduction
2.Does anybody really know what time it is?
3.Beginnings
Side 2
4.Questions 67 and 68
5.Listen
6.Poem 58
Side 3
7.Free form guitar
8.South California purples
9.I'm a man
Side 4
10.Prologue, August 29, 1968
11.Someday (August 29, 1968)
12.Liberation
Formazione:
Peter Cetera - basso, voce, agogô
Terry Kath - chitarre, voce
Robert Lamm - piano, organo, tastiere, voce, maracas
Lee Loughnane - tromba, legnetti
James Pankow - trombone, campanaccio
Walter Parazaider - legni, tamburello basco
Danny Seraphine - batteria, percussioni
Gli Allman Brothers sono sempre stati considerati i padri fondatori di quello che viene definito il southern rock, noto anche come quel fenomeno musicale che proprio verso la fine degli anni ’60 catapultò il blues tradizionale nella mischia del rock, del country, del gospel e dell’honky tonky per essere rigenerato in una forma ancora più innovativa e stravolgente, dove la fantasia e la creatività musicale raggiunsero dei livelli tali da poter competere con l’istrionismo del progressive e del rock psichedelico. La loro musica sarà fonte di ispirazione per le principali band che nasceranno proprio nel sud degli Stati Uniti: i Dixie Dregs, i Molly Hatchet, The Marshall Tucker Band, fino ad arrivare ai più noti Lynyrd Skynyrd.
La strada per l’immortalità della band inizia nei primi anni ’60, quando i fratelli Duane e Gregg Allman scoprono la loro comune passione per la chitarra e iniziano a suonare con le prime formazioni fino a creare il 23 marzo del 1969 gli Allman Brother Band, a Jacksonville, in Florida. Come raccontano gli stessi protagonisti, viene organizzata una jam session nel garage di Butch Trucks, batterista e amico dei fratelli Allman, alla quale partecipano Duane Allman, il batterista Jai “Jaimoe” Johanson, il chitarrista Dickey Betts e il bassista Berry Oakley, questi ultimi due compagni di avventura di Duane durante il suo vagabondare per l’Alabama. Qualche giorno dopo, sarà lo stesso Duane a convincere il fratello Gregg ad unirsi al gruppo come tastierista e cantante, definendo così la line-up della Allman Brothers Band che debutta poco dopo al Jacksonville Beach Coliseum.
L’incredibile energia sprigionata dalla nuova jam band impressiona il produttore Phil Walden, il quale mette sotto contratto il gruppo garantendogli la partecipazione ad un importante evento dello stesso anno, l’Atlanta International Pop Festival, e la registrazione del loro primo album che viene registrato nel settembre del 1969 agli Atlantic Studios di New York.
Gli Allman Brothers ottengono un successo immediato grazie alle novità musicali contenute nell’album, e divengono leggenda continuando a sperimentare e a stupire con i successivi lavori in studio, Idewild South del 1970 (che otterrà ancora più successo rispetto al primo album), At Fillmore East del 1971 (che diventerà disco d’oro, oltre che uno dei migliori album live mai registrati) e Eat A Peach, pubblicato nel 1972, pochi mesi dopo la morte prematura di Duane Allman.
La prima parentesi della storia della Allman Brothers Band si conclude proprio con la morte del virtuoso chitarrista il 29 ottobre 1971, mentre stava lavorando all'album Eat a Peach, in un incidente motociclistico nei pressi di Macon, in Georgia.
Fu Dickey Betts a completare le parti di chitarra di Duane per l’album Eat A Peach che a lui venne dedicato dai suoi compagni. La stessa sorte toccherà al bassista Berry Oakley l’anno seguente, anch’egli morto in un incidente motociclistico, nei pressi del luogo dell’incidente dove morì Duane l’anno prima.
Duane Allman entra così nella leggenda a 24 anni, dopo aver lasciato la sua impronta nella storia della chitarra rock, rimanendo inoltre uno dei più virtuosi chitarristi slide. La sua opera e la sua passione per la musica rimarrà scolpita, oltre che nei lavori con gli Allman Borthers, anche nell’epico album dei Derek & The Dominos, Layla and Other Assorted Love Songs. Duane contribuirà a rendere il disco firmato Eric Clapton un’infuocata miscela di virtuosismi chitarristici e di melodie struggenti, in particolare nella celebre “Layla”, dove viene fuori tutta la grinta e l’alchimia musicale che Clapton e Allman condivisero come fossero fratelli.
Il nome Allman Brothers Band conoscerà il carisma e l’eccezionale bravura di altri talentuosi musicisti, fra i quali spiccano il carismatico chitarrista e cantante Warren Haynes, già membro della band The Dead (dopo la morte di Jerry Garcia nel 1995), Derek Trucks, il chitarrista prodigio, nipote del batterista fondatore degli Allman Brothers, Butch Trucks, senza dimenticare anche Chuck Leavell, tastierista autodidatta che suonò con gli Allman in un paio di album.
Gli strazianti bending di Warren Haynes, uniti al raffinatissimo stile finger-picking di Derek Trucks e all’esperienza degli altri membri originali della band, hanno fatto si che gli Allman Brothers continuassero a produrre ottimi risultati dal punto di vista musicale e commerciale, ma sicuramente non esaltanti e irripetibili come l’impatto generato dalla prima formazione, da quel ritmo così trascinante e innovativo, da quei riff taglienti e da quei colori che solo il loro vero creatore è riuscito a rendere talmente vividi da non sbiadire mai di fronte alle intemperie del music business.
The Allman Brothers Band (1969)
Nasce proprio con questo disco ciò che verrà definito southern rock; c’è tutto quello che serve per una vera e propria esplosione musicale: il timbro vocale di Gregg Allman a metà tra il soul ed il gospel, una instancabile e versatile sezione ritmica composta da ben due batteristi (Butch Trucks e Jai “Jaimoe” Johanson) accompagnata dal brillante basso di Berry Oakley, il tutto deliziato dal tocco finale di due eccezionali chitarristi come Dickey Betts e Duane Allman.
È un vero uragano quello che parte fin dal primo brano interamente strumentale, dove i cambi di tempo tipici del progressive creano lo sfondo adatto per le due infuocate chitarre all’unisono di Duane e Betts; senza un attimo di respiro si passa alla seconda traccia, “It’s not my cross to bear”, uno straziante blues lento che raggiunge l’apice con la “cavalcata” ritmica finale. Ed eccoci arrivati a “Black hearted woman”, forse il brano che più di tutti mostra la creatività della band, che spazia da riff hard rock a ritmi country e sincopati, dove Duane trova pane per i suoi denti.
In “Trouble no more”, blues firmato Muddy Waters, è la chitarra slide a farla da padrona, un’altra brillante caratteristica del virtuosismo di Duane Allman. Sarà il fratello Gregg a dominare con la sua voce in “Every hungry woman” che precede i due ultimi brani del disco, due veri capolavori: “Dreams”, una vera e propria perla, dove la band mostra tutta la sua versatilità con la metrica jazzistica in 12/8, le atmosfere country e psichedeliche e il tour de force di Duane alla chitarra slide; si chiude con “Whipping post” che diventerà un’epica jam abitudinale in ogni esibizione live del gruppo.
Tracce:
1.Don't want you no more
2.It's not my cross to bear
3.Blach hearted woman
4.Trouble no more
5.Every hungry woman
6.Dreams
7.Whipping Post